Che fine ha fatto?

Che fine ha fatto Juan Iturbe: il folletto argentino che fece dimettere Conte

Che fine ha fatto Juan Iturbe: il folletto argentino che fece dimettere Conte

“Che fine ha fatto?”. Ce lo chiediamo di un amico che non si fa più sentire dopo che ha copiato i compiti di latino per tutto il liceo, del pantalone dell'abito della laurea che tua madre ha messo in un posto sicuro e che probabilmente verrà ritrovato dai tuoi nipoti, di quella ricevuta di pagamento della multa che è “sempre stata lì” ma ora che ci è arrivata la mora per non averla pagata sembra essere stata ingoiata dall'etere. Ce lo chiediamo anche per quei calciatori che sembrano destinati a prendere a pallate tutti per un'era calcistica ma che dopo pochi attimi di gloria si dissolvono come neve al sole.

Che fine ha fatto è proprio il nome che abbiamo voluto dare a questa rubrica. Per ricordare insieme quei talenti che hanno abbacinato tutti agli esordi e che ora sono dispersi in qualche campo di periferia o come direbbe qualcuno: “hanno appeso le scarpe a qualche tipo di muro e adesso ridono dentro al bar“.

Ben ritrovati amici nostalgici di questa rubrica quindicinale, una rassegna in cui andiamo a ripescare calciatori tra le più disparate personalità che hanno lasciato un segno – più o meno importante – nei nostri ricordi. Abbiamo percorso le carriere di Mastour, talento incredibile gettato al vento, passando per la storia di rivalsa di Macheda e arrivando alle invenzioni di Foquinha. Uno sguardo lo abbiamo dato anche al reality “Campioni il Sogno” a ai suoi protagonisti, abbiamo ricordato Maicosuel, rimpianto dell'Udinese così come abbiamo ripescato le gesta di Francesco Grandolfo vera e propria meteora con la maglia del Bari, prima di arrivare alle aspettative non rispettate di Elia. Oggi vogliamo portare l'attenzione su una vecchia conoscenza della Serie A che ha letteralmente stregato il nostro campionato per sei mesi: Iturbe.

Il dizionario della lingua italiana, riporta come in astronomia la definizione di meteora sia fenomeno luminoso dovuto a un meteoroide che attraversa l'atmosfera. Juan Iturbe, per come lo abbiamo conosciuto è stato esattamente questo. Una scia luminosa che ha attraversato prepotentemente la Serie A, ma come tutte le scie si è dissolta troppo presto. Eppure tanti addetti ai lavori si erano illusi che questa luce emanata da quel ventunenne così speciale potesse diventare un faro da seguire per gli anni a venire.

Riavvolgiamo un attimo il nastro però. Iturbe sbarca in Serie A nella stagione 2013-2014 quando l'Hellas Verona lo porta in Italia durante l'ultimo giorno del mercato estivo, comprandolo dal Porto. La sua formazione calcistica avviene nel Cerro Porteno, in Argentina dove i portoghesi lo pescano a soli 18 anni. Ma forse è troppo presto per la carriera europea: infatti dopo una stagione e mezza di molti bassi e pochi alti viene girato in prestito al River Plate per permettergli di crescere ancora, più vicino alla sua famiglia. Al River le cose vanno leggermente meglio, segna anche 3 gol in 17 apparizioni in maglia biancorossa, ma il Porto non è convinto del ragazzo e decide di metterlo sul mercato. Così arriviamo al Verona.

Nella stagione in cui arriva Iturbe, gli scaligeri devono fare di tutto per mantenere la categoria. In attacco al fianco di questo sconosciuto argentino c'è il campione del mondo Luca Toni, al canto del cigno della sua fantastica carriera. A fine campionato assieme formeranno la terza coppia più prolifica del campionato dietro soltanto ai campioni d'Italia Tevez-Llorente e a Immobile-Cerci. Il Verona arriverà decimo in classifica a soli 3 punti dalla zona Europa League. Iturbe segna 8 gol e fornisce 5 assist ai compagni, ma soprattutto incanta i tifosi e  fa impazzire gli avversari portandoli a spasso in lungo e in largo per il campo in un mix di tecnica e velocità.

A fine stagione, il ragazzo proveniente da Buenos Aires è uno dei pezzi pregiati del mercato. Nonostante le rassicurazioni del Verona che gli comunicano che sarà al centro del progetto anche per l'anno successivo, i gialloblu non possono permettersi di rifiutare cifre cospicue. Si scatena un'asta tra quelle che sono le prime della classe. La Juventus, ormai al terzo scudetto consecutivo e la Roma fresca di seconda posizione in classifica. La spunterà Walter Sabatini che per 22 milioni porterà il talento argentino all'ombra del Colosseo, scatenando l'ira di Antonio Conte che – anche per questo – rassegnerà le dimissioni da allenatore della Juventus. A posteriori Sabatini ha sempre dichiarato di non essere mai stato contento di quell'acquisto, di non averci mai creduto davvero. Di averlo fatto solo per un dispetto ai rivali. Come spesso accade quando si parla di calciatori, Sabatini ha ragione. Iturbe arriva a Roma ma la sua stella non decolla mai. Eppure l'inizio di stagione è ben augurante, poi la luce si spegne. L'interruttore è un infortunio al ginocchio che sembra marginale, ma probabilmente – come diranno dopo i medici della Roma – è un crociato rotto e mai curato. Dal rientro in campo infatti il ragazzo imprendibile ammirato a Verona sembra solo un ricordo. L'unico acuto con la maglia giallorossa è un gol nel derby che regala ai suoi una vittoria per 2-1. Dopo, una discesa inesorabile, veloce quasi quanto l'ascesa dell'anno precedente.

Con un'annata così e una società attorno che non crede – e probabilmente non ha mai creduto –  in lui, la stagione successiva inizia con delle prestazioni molto al di sotto delle aspettative. L'unica via d'uscita appare un trasferimento. A gennaio si fa avanti il Bournemouth, che lo tessera in prestito, ma in Premier Iturbe fa tanta fatica e dopo soli sei mesi torna alla base. Altri sei mesi a Roma e poi il prestito al Torino dove si spera possa trovare quella scintilla che lo aveva acceso a Verona. A fine stagione in maglia granata avrà siglato solo una rete, troppo poco perché il presidente Cairo prenda in considerazione il suo riscatto.

Così da quell'infortunio maledetto, il folletto argentino non si è mai più ritrovato. Una carriera che sarebbe dovuta decollare e che invece ha subito una battuta d'arresto quasi definitiva. Sembra che il calcio che conta lo abbia rigettato e che non ci sia più posto per lui. La conferma si ha quando la Roma se ne sbarazza spedendolo in Messico, al Club Tijuana. In un campionato con delle pressioni sicuramente inferiori, Iturbe sembra ritrovare fiducia ma conclude la stagione senza mai segnare e con un nuovo infortunio al ginocchio. Sempre in Messico giocherà nelle stagioni successive per il Pumas e per il Pachuca, non ritrovando mai la verve di Verona.

Nel 2021 decide di tornare in Europa, è l'Aris Salonnico a credere nel suo rilancio. Da un anno e mezzo è in Grecia e ha segnato solo un gol in oltre 40 presenze. Dieci anni dopo la sua esplosione con la maglia dell'Hellas, Iturbe è praticamente scomparso. Di tanto in tanto a mercato aperto, qualche esperto ci prospetta un suo ritorno in Italia per cercare di risalire la china, ma fino ad ora nessuna società ha provato sul serio ad ingaggiarlo. Chissà se avesse curato bene quel ginocchio, magari avrebbe potuto fare la fortuna sua e della Roma. O magari, quella luce che aveva illuminato la Serie A si sarebbe spenta lo stesso.

 


30 anni, nato e (soprav)vissuto a Bari, ingegnere civile ma solo per sbaglio. Appassionato di qualsiasi sport o forma di competizione esistente, calcio e fantacalcio in primis. Se c'è una palla che rotola c'è sempre un bimbo che le corre dietro.

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