Inauguriamo la nostra rubrica “Economia nel pallone”, dove vi parliamo di calcio dal punto di vista economico e finanziario. Oggi vi raccontiamo la Rivoluzione Copernicana del calciomercato
Il denaro nel calcio è diventato parte fondamentale, a pari di aspetti tecnici e tattici. Per i romantici del gioco del pallone questa affermazione potrà far storcere il naso, ma basta guardarsi intorno per scoprire che ogni giorno siamo ‘bombardati' da notizie di calciomercato, di Fair Play Finanziario e di tutti quegli elementi economici che sembrano avere poco a che fare con 22 giocatori su un rettangolo verde. E che, soprattutto, sono incomprensibili dalla maggior parte dei tifosi. Non è un caso se le competenze finanziarie di base in Italia, seppur abbiano avuto uno sviluppo negli ultimi anni, siano ancora ad un livello molto basso rispetto alla media europea. Per questo motivo abbiamo creato “Economia nel pallone”, una rubrica che cercherà di rendere meno ostici alcuni concetti ormai importantissimi nel mondo del calcio e che vi aiuterà a capire alcune dinamiche del mercato.
Ci sono uno spagnolo, un tedesco e un italiano…
Che cosa hanno in comune Reina, Emre Can e Balotelli? A prima vista sembrerebbe proprio nulla, anzi hanno addirittura tre ruoli completamente diversi, quasi conflittuali: il primo è un portiere di grande esperienza, il tedesco di origine turca è un ottimo mediano in rampa di lancio, mentre SuperMario è il più stravagante degli attaccanti italiani in circolazione. Eppure, addentrandoci nei dettagli, hanno qualcosa che li rende ‘speciali' e simili. Infatti tutti e tre hanno un contratto in scadenza al 30 giugno 2018 e così i relativi procuratori stanno trattando per portarli su altri lidi. Pepe Reina, ad esempio, , mentre tra l'entourage di Can e la Juventus sembra esserci uno stallo dopo uno sprint iniziale. Trattare con i giocatori in scadenza ormai è diventata consuetudine, ma chi è più avanti con l'età si ricorderà che prima non era affatto così.
Il contesto storico: chi è Jean-Marc Bosman?
Negli studi statistici e storici vi è quasi sempre una ‘data di rottura', un punto di non ritorno che segna un'enorme differenza tra ciò che succedeva nel passato e ciò che succederà in futuro. Se in ambito politico-economico solitamente questa si individua nel 1989, con la caduta del muro di Berlino e la fine dell'URSS, nel calciomercato questa può essere segnata il 15 dicembre 1995. Jean-Marc Bosman è un giocatore oggettivamente mediocre, gioca nel RFC Liegi e ha fatto registrare una ventina di presenze con la maglia del Belgio Under 21. In quel periodo Bosman è ai margini della rosa e con ingaggio ridotto, poiché il suo presidente ha rifiutato di concedergli il trasferimento al Dunkerque, in Francia, e non vuole liberarlo se non sotto opportuno compenso. Ma il centrocampista ha il contratto scaduto già dal 1990, e quindi fa causa alla società presso la Corte di giustizia dell'Unione Europea, che gli dà ragione e, parlando di ‘restrizioni alla libera circolazione dei lavoratori', emette un verdetto che passerà alla storia come ‘sentenza Bosman'.
Che cosa disciplina la ‘Sentenza Bosman'?
Grazie alla decisione della Corte di Giustizia, i calciatori vengono riconosciuti come veri e propri lavoratori e dunque godono di tutti i diritti stabiliti dal Trattato di Roma, tra i quali quelli di potersi liberare dalla società una volta scaduto il contratto. Ma è adesso che arriva la parte più importante (e più discussa): la Corte, infatti, stabilisce che i giocatori possono anche stipulare un pre-contratto con altre società negli ultimi sei mesi del proprio accordo con il club di proprietà e che essi sono liberi di muoversi all'interno della Comunità Europea, annullando il tetto al numero di stranieri appartenenti all'UE nelle rose. Una vera e propria Rivoluzione Copernicana: non è più il giocatore a gravitare intorno al presidente, ma viceversa.
Gli aspetti negativi della liberalizzazione del mercato dei calciatori
Come ogni rivoluzione, la sentenza porta con sé scorie e aspetti negativi, come lo scandalo dei passaporti falsi per poter ingaggiare calciatori non comunitari oppure le società succubi dei procuratori (vedi il caso De Vrij, che dopo un lungo tira e molla tra la dirigenza della Lazio e i procuratori, potrà liberarsi gratis a fine stagione). Insomma, la causa vinta da Bosman (che rivendicava un proprio diritto e non pensava di rivoluzionare il gioco del pallone) da un lato ha dato la giusta dignità a quei calciatori che erano ingabbiati dalle dirigenze nonostante un contratto scaduto, dall'altro ha consegnato maggior potere ai procuratori e ha scatenato il mercato dei parametri zero, non sempre pulitissimo.
E questo non può che avere risvolti anche sul campo: siamo sicuri che un giocatore riesca a mantenere la concentrazione alta fino all'ultimo giorno di contratto, sapendo già che nella stagione successiva vestirà un'altra maglia? Con ciò non vogliamo mettere in dubbio la serietà di giocatori come Reina, che ha alle spalle un tale curriculum da non poter essere certo accusato di mancanza di professionalità. Però è evidente la paradossalità di determinate situazioni: il portiere incontrerà la sua futura squadra il 15 aprile, per una sfida decisiva per la rincorsa Champions del Milan e per quella scudetto del Napoli. Come è assurdo assistere a società costrette a svendere i propri talenti pur di non perderli a parametro zero, oppure di procuratori che pretendono (e ottengono) ritocchi di ingaggio ogni anno per i propri assistiti.
Tutta colpa di Bosman?
La risposta è ‘ni'. Infatti è sbagliato additare la sentenza Bosman e la conseguente liberalizzazione del mercato dei giocatori come unica e sola causa della trasformazione in business del calcio: i ricavi dei club erano già in forte aumento sin dal 1970 anche grazie alle sponsorizzazioni e gli anni '80, quando il calciomercato era già centrale, verranno ricordati come quelli delle ‘comproprietà' (ricordate le bizzarre trattative nell'hotel Milanofiori della Longobarda di Oronzo Canà ne ‘L'allenatore del pallone'?). Però non si può negare che esiste un prima e un dopo Bosman, un verdetto che ha cambiato per sempre lo scenario del calcio. Se in meglio o in peggio, scegliete voi.