Fiorentina, il centrocampista dei viola Federico Bernardeschi ha rilasciato un'intervista esclusiva al Corriere dello Sport. Bernardeschi ha parlato del suo passato, del suo futuro, della Fiorentina, di Montella, di Suousa, di Buffon, di Roma, Inter, Milan, e Napoli.
Sul suo passato: "Ero un bambino molto vivace, ma sempre col vizio del pallone. Ricordo sempre quando mio padre, magari vicino alle feste di Natale, mi portava alla Incaba di Viareggio, un negozio di giocattoli di ben tre piani. Il paradiso di ogni bambino. Io mi fermavo sempre all'inizio, dove c'erano i cesti coi palloni. Ne prendevo uno ed ero già felice. Vedo ancora i vecchi amici? Sì, il gruppo è rimasto bello unito. Per chi tifavo? Milan, quegli erano gli anni d'oro dei rossoneri. Come ho cominciato a capire che questa poteva diventare davvero la mia professione ho messo da parte tutto: per un professionista il tifo non esiste. Se mi piace Carrara? Tantissimo. Se penso che più o meno l'80% dei musei raccoglie opere scolpite sul nostro marmo non posso che essere ancora più orgoglioso. Operai o scultori? Con gli operai, senza nemmeno un dubbio. Prima squadra? L'Atletico Carrara, dai 4 ai 7 anni. Poi sono passato all'Empoli: in quegli anni, tra i dirigenti azzurri c'erano Niccolini e Cappelletti che poi ho ritrovato qui. Siccome l'Empoli non aveva la squadra per la mia categoria, passai al Panzano, società affiliata. A 10 anni sono arrivato a Firenze: mi ha preso il direttore Leonardi. I miei allenatori? Ho avuto Gabbanini, che oggi allena i Giovanissimi Nazionali, Semplici, Guerri, Sarti e qualche volta Buso. Cosa ho vinto coi baby? La Supercoppa Italiana, contro la Roma, all'Olimpico. Giocatore viola che mi piaceva di più? Mutu. Era il più rappresentativo di quella Fiorentina e, quando ho avuto modo di conoscerlo, anche dopo il suo addio alla Fiorentina, ho incontrato una persona straordinaria, bravissimo. Ruolo da piccolo? Facevo di tutto, correvo dietro al pallone: dov'era il pallone, più o meno c'ero sempre anche io. Dove vivevo? In un appartamento a fianco di Promesse Viola. Avevo un po' più di libertà di movimento, ma ero controllatissimo."
Sulla Fiorentina: "I giovani la strada giusta? Credo di sì. Questa Fiorentina è frutto del bel lavoro che c'è dietro e che, di solito e forse purtroppo, si apprezza solo alla fine. Attorno a noi e tanti altri giovani c'è un progetto ed è questo che fa la differenza. Se mi sento Fiorentino? Sì, perché sono arrivato a Firenze che avevo 12 anni: ho giocato nelle giovanili e sono arrivato fino alla prima squadra e questo è qualcosa che mi porterò dietro per sempre. Mi sento legato alla Fiorentina, credo che sia giusto e ne sono persino orgoglioso. Se peserà amore per la Fiorentina in caso di offerte? L'amore per la maglia viola, sulla bilancia, peserà eccome. Io sono abituato a stare zitto e a lavorare. Quando un ostacolo ti si mette nel mezzo, intralciandoti la strada, vuol dire che va bene. Se non hai mai nessun intoppo significa che sei appagato, per certi versi persino morto."
Su Montella: "Che rapporto abbiamo? Un buon rapporto, per certi versi tradizionale, di quelli allenatore-giocatore. Mi vedeva molto giovane, e non aveva poi torto perché, in fondo, lo ero, e non abbiamo stretto un legame dal punto di vista umano. C'è sempre stata, però, stima reciproca."
Su Sousa: "Ha usato, come era giusto facesse, il bastone e la carota, che poi è quello che ci vuole sempre coi giovani. Mi ha aiutato a crescere sotto il profilo umano e professionale, lo ringrazierò sempre."
Su Buffon: "Se dici Juve mi viene in mente Buffon. Il campione che non ti aspetti, perché si mette subito al tuo stesso livello. Qualità dei bianconeri? La forza."
Sulle principali antagoniste per lo scudetto: "La Roma è Totti, uno che non ha limiti. Dzeko? Uno di quelli da non sottovalutare mai. Come descriverei l'Inter? Nuova. Il Napoli? In una parola, gioco. Il Milan? Rivoluzione."