Spalletti, fin dal ritiro di Brunico, ha sempre creduto alla Champions League. Nel risultato dell'Inter c'è tanto del suo lavoro, psicologico, oltre che tattico
“Devono ridarmi quello che ho lasciato: io per allenare l’Inter ho lasciato la Champions e loro me la devono ridare”. Parlava così Luciano Spalletti alla prima conferenza del ritiro estivo dell'Inter, il 7 luglio a Riscone di Brunico. L'allenatore nerazzurro è stato uno dei pochi a credere nelle capacità del gruppo fin dall'inizio e nel raggiungimento di questo traguardo c'è tanto di suo.
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L'aspetto mentale
Il 17 febbraio l'Inter ha toccato il fondo della sua stagione, perdendo 2-0 contro il Genoa a Marassi. Dopo quasi tre mesi senza vittorie sarebbe stato facile ipotizzare un crollo verticale come quello dell'anno scorso, che costò l'Europa ai nerazzurri. Capitan Icardi e compagni sono, invece, riusciti ad uscire da un periodo buio con una forza inaspettata e, soprattutto, offrendo anche alcune ottime prestazioni dal punto di vista del gioco. A Spalletti va il merito di aver convinto i giocatori che l'obbiettivo era ancora a portata di mano e che dipendeva solo da loro. Anche la rimonta dell'Olimpico ha molto del tecnico di Certaldo. In passato, sotto nel punteggio e in chiara difficoltà contro il centrocampo della Lazio, l'Inter si sarebbe sciolta, invece, anche con un po' di fortuna, in tre minuti ha ribaltato la partita.
L'aspetto tattico
Intorno al 25° minuto della partita dell'Olimpico, mentre il centrocampo dell'Inter stava soffrendo le geometrie di Lucas Leiva e la fisicità di Milinkovic-Savic, Spalletti è passato da un 4-2-3-1 ad un 3-4-1-2, abbassando D'Ambrosio sulla linea dei centrali, alzando Cancelo e portando Perisic più vicino a Icardi. Il risultato è stato il gol del pareggio, al 29′, di D'Ambrosio. Al 41′ il nuovo vantaggio laziale, firmato da Felipe Anderson, avrebbe obbligato l'Inter a fare la partita nella ripresa, offrendo il fianco alle ripartenze della Lazio. Sul 2-1, nonostante il cambio di schieramento, i biancocelesti sembravano, però, in pieno controllo del match. Qui Spalletti ha cambiato ancora, inserendo una vera seconda punta, Eder, ed un giovane che ha portato quel pizzico di spensieratezza, Karamoh, che serviva in quel momento e la partita è cambiata ancora.
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Da Icardi-Santon a Candreva-Eder
Alla fine di Inter-Juventus il pubblico nerazzurro era arrabbiato con Spalletti per aver tolto Icardi sul 2-1 per l'Inter ed aver inserito Santon, che avrebbe avuto poi le responsabilità sui due gol che hanno consentito alla Juventus di vincere a San Siro. All'Olimpico Spalletti ha, invece, fatto i cambi giusti. Fuori Candreva e Rafinha, che stavano giocando male, dentro Eder e Karamoh. L'italo-brasiliano è stato decisivo nell'occasione del rigore, procurato e trasformato da Icardi, mentre il talento francese, con la sua spensieratezza, ha dato più vivacità all'attacco interista. Anche l'ultimo cambio, Ranocchia per D'Ambrosio, è stato importante per garantire maggior fisicità alla difesa, che stava soffrendo l'imponenza fisica di Milinkovic-Savic.
L'allenatore di Certaldo ha creduto fin dal primo giorno alla Champions League ed ha trasmesso ai giocatori questa fiducia, che è stata, alla fine, ricambiata.