
Sarà il Roma-Inter dei ritorni quello valido per la sedicesima giornata di Serie A: da Mourinho a Dzeko, quanti incroci nel big match dell'Olimpico
Quello tra Roma ed Inter in programma per la sedicesima giornata di Serie A non sarà semplicemente uno dei tanti big match del nostro campionato. A sfidarsi non saranno infatti semplicemente due delle squadre che ricoprono le prime cinque posizioni della classifica e che stanno lottando una per lo Scudetto ed una per la qualificazione alla prossima edizione della Champions League. A sfidarsi saranno infatti anche i passati delle due società, due grossi pezzi del passato. Da una parte Josè Mourinho che, dopo aver portato l'Inter sul tetto d'Europa a vincere tutto è “scappato” per andare a firmare con il Real Madrid; dall'altra Edin Dzeko, che alla Roma ha passato sei stagioni molto importanti della sua carriera e che della Roma è stato anche capitano.
Inter, da eroe a nemico: la prima in Serie A contro Mourinho
Dal 4 maggio 2021, giorno nel quale è stato ufficializzato come nuovo allenatore della Roma, la testa di tutti i tifosi italiani (e non solo) è andata subito lì, alla sfida di José Mourinho contro l'Inter. E quel giorno è (finalmente?) arrivato. José Mourinho, domani sera, incontrerà l'Inter. La sua Inter. La squadra a cui tanto ha dato nelle due stagioni da allenatore e che tanto gli ha dato. L'ultima squadra con la quale ha veramente brillato in panchina. L'ultima dove è stato veramente lo “Special One“. Dal celebre addio al termine della notte di Madrid, nella quale l'Inter – trascinata da uno straordinario Diego Milito – conquistò la Champions League, alzando il Triplete con tre trofei conquistati nell'arco di 17 giorni, Mourinho non è più stato lo stesso. Il tecnico portoghese ha perso il tocco di Special One, diventando quasi uno Standard One. Deludenti le esperienze con Real Madrid, Chelsea, Manchester United e Tottenham, una carriera che – dopo aver raggiunto il picco massimo – ha iniziato una calata verso il basso conclusa, prima dell'approdo alla Roma, con la peggiore esperienza da allenatore, quella al Tottenham: sia a livello di numeri che di prestazioni e risultati.
Ma, volendo essere romantici, un po' si era capito che non sarebbe stato più lo stesso. Lo si capiva dalle dichiarazioni in merito alla fuga subito dopo la finale contro il Bayern Monaco. Con la scelta di lasciare l'Inter fatta, per così dire, a metà. Troppo allettante la proposta del Real Madrid, già rifiutato una volta in carriera, per dire di no. Troppo speciale il legame con l'Inter, i suoi calciatori ed i suoi tifosi per dire addio. Per questo la scelta è stata forse la più dura nella carriera del portoghese, che alla fine ha preferito la carriera al cuore.
Queste le sue dichiarazioni sulla fuga di quella notte, sul perché non è rientrato a Milano con il resto della squadra: “Quasi non volevo stare con loro. Mi ricordo che non andai nemmeno negli spogliatoi a fine partita, perché avevo la sensazione che avrei perso il controllo dal punto di vista emozionale. Così sono fuggito da quelle emozioni. In campo poche parole, tanti abbracci e molta emozione, ma volevo fuggire da quelle emozioni. Mi conosco bene e so perché ho fatto quella scelta. Non l’ho mai detto, ma la ragione per cui dopo la fine della partita non sono mai tornato a Milano è che, se fossi tornato a Milano, non sarei mai andato al Real Madrid. La decisione era presa, il contratto non ancora firmato ma avevo deciso di andare al Real Madrid. C’erano state già due occasioni, che è molto difficile, tre era impossibile. Per questo non sono tornato: cercai di non salutare nessuno in modo più affettuoso. Mi mancano, il tempo non torna indietro e non possiamo viaggiare nel tempo per rivivere certi momenti un’altra volta, ma gli amici sono per sempre. Loro sono miei amici e io sono loro amico, è così che li vedo“. Sono ancora impresse nella mente di tutti quelle immagini, dall'uscita dallo stadio all'abbraccio con Marco Materazzi. Abbraccio e lacrime, tante lacrime.
In estate il ritorno in Italia e adesso la prima sfida da avversario in campionato. Passato contro presente. Con il presente che si chiama Roma, proprio quella Roma che quando sedeva sulla panchina dell'Inter era la rivale numero uno per lo Scudetto. Proprio quella Roma che ha scelto per rilanciare la sua carriera, dopo gli anni fallimentari. L'Inter è riuscita a rilanciarsi, anche se da poco. Era stato proprio lo Special One a sollevare gli ultimi trofei in nerazzurro prima dell'approdo di Antonio Conte, che ha spezzato la maledizione ed ha riportato l'Inter sul tetto d'Italia. Vedremo se invece sarà la Roma quella che farà tornare Josè Mourinho ad essere “speciale”.
Roma, da capitano a minaccia: la prima in Serie A contro Dzeko
Erano ormai un paio di stagioni che le voci circa un possibile addio di Edin Dzeko alla Roma si erano intensificate a dismisura. Prima l'Inter, poi la Juventus e poi ancora una volta, quella decisiva, l'Inter. Il 14 agosto del 2021 l'attaccante bosniaco ha finalmente detto addio per davvero alla Roma, dopo sei stagioni ricche di emozioni e gol. Alla Roma Dzeko ha vissuto probabilmente l'esperienza più importante della sua lunga carriera. Arrivato quasi per bollito a 29 anni dopo l'esperienza con il Manchester City, Dzeko ha saputo rilanciarsi alla grande in giallorosso.
Dopo un anno di adattamento, già dalla seconda stagione italiana è diventato un vero e proprio trascinatore per la Roma. 39 gol in 51 presenze, questi i numeri della sua migliore stagione in carriera, stagione vissuta proprio in Italia e con la maglia dei giallorossi. Ha convissuto con Totti e De Rossi fino a diventare, all'inizio della stagione 2019/20 il capitano della Roma, il primo capitano straniero dal 1998. Adesso però, anche per lui è giunta l'ora della resa dei conti. Anche per lui si tratterà della prima sfida contro il passato, quello che lo ha rilanciato e per certi versi consacrato. Ma anche “buttato via” alla fine, quasi per bollito, un po' come era successo con il Manchester City. Dzeko ha però saputo rilanciarsi con l'Inter, sorprendendo un po' tutti. Domani il ritorno a Roma da avversario, per salutare, ma anche per dimostrare che ha ancora tanto da dire prime di dire addio.
