Un Ventura a ruota libera racconta ciò che è successo tra la partita con la Spagna e quella con la Svezia. Il capitolo Balotelli, la delegittimazione e le dimissioni mancate
Dopo la terribile delusione del doppio confronto con la Svezia che ha determinato la mancata partecipazione dell'Italia ai mondiali, è tornato a parlare Giampiero Ventura. L'ex-ct si è sfogato alla Gazzetta dello Sport, parlando della famosa partita Italia-Svezia, de clima che si era creato intorno a lui e alla nazionale, delle volte in cui si sarebbe dovuto dimettere e della sua solitudine.
Un'esclusione senza senso: “Non ho trovato un senso, ma ho una spiegazione. Ho fatto calcio per 35 anni, sul campo, ma non ho mai fatto parte di un Sistema. Il progetto che avevo messo sul tavolo stava andando bene, avevo svecchiato l'Italia con 14 giocatori nuovi e Russia 2018 doveva essere il trampolino di lancio per l’Europeo 2020. Tutto aveva funzionato fino alla gara con la Spagna”.
Dopo la Spagna la delegittimazione: “Dopo quella sconfitta è iniziata una delegittimazione continua, sono diventato l’unico colpevole di tutti i mali. Era utta colpa di Ventura. Non sono mai stato il ct perchè quella è una figura istituzionale, che implica il rispetto che non ho mai sentito. Già prima della Spagna non mi sentivo all'interno del progetto, pur essendo ancora imbattuto”.
Avrei dovuto dimettermi in più occasioni:”Me lo chiedo anche io. Sentivo che ce l’avremmo fatta. Dovevo dimettermi quando dopo essere stato scelto da Lippi, che doveva essere il dt, mi ritrovai senza più Marcello accanto. Dovevo dimettermi dopo che era stato annunciato che sarei stato io il dt di tutte le nazionali e invece quella carica fu affidata ad altri per motivi elettorali”.
Si aspettava solo una caduta: “Un minuto dopo la prima sconfitta sembrava non si aspettasse altro che una caduta. Si anticipava che l’uscita dell’Italia avrebbe portato non solo la mia caduta, ma altri cambiamenti. Tanto che io mi sono chiesto chi volesse andare ai mondiali oltre ai tifosi”.
Si voleva creare confusione: “Al Mondiale non sarei andato comunque. Invece venne scritto che avevo abbandonato il ritiro e tante altre sciocchezze per minare l’ambiente, come se convenisse il caos. Prima dell'Albania Buffon, Chiellini e Barzagli vennero da me a chiedermi se potevano parlare ai compagni più giovani per spiegare loro il peso della maglia azzurra. Ho detto sì, ma è passato per un ammutinamento”.
Il capro espiatorio di un movimento: “Con quelle premesse anche battere una nazionale alla nostra portata è diventato una montagna. Ha concorso tutto per l’esclusione, ma la colpa è stata solo di Ventura, il capro espiatorio di un movimento in crisi di identità. Bersaglio ideale. Io le mie responsabilità me le prendo tutte”.
Sull'esclusione di Insigne: “Con me Insigne aveva giocato sempre. Ho fatto delle valutazioni in base all’atteggiamento tattico della Svezia, ma se avesse giocato Insigne, il problema sarebbe diventato El Shaarawy o un altro”.
Su De Rossi che chiede di far scaldare Insigne: “Nessuno ha mai chiesto a De Rossi con chi stesse parlando. Non ce l’aveva con me, ma con il preparatore atletico. È abitudine mandare i giocatori della panchina a scaldarsi prima di qualche cambio, ma Daniele non sarebbe entrato, non avevo dato alcuna disposizione in proposito. Però è servito anche questo per scaricarmi addosso di tutto”.
Su Balotelli: “Balotelli avrebbe fatto parte dell’Italia che avevo in testa per i Mondiali. Ero andato a Nizza a parlarci per recuperarlo, sarebbe stato convocato per le amichevoli contro Argentina e Inghilterra. Non è vero che non ho cercato Balotelli. Lavoravamo per Balotelli”.
La rabbia: “Mi porto un rammarico gigantesco e mi dispiace da morire. So quanto i tifosi ci tenessero a vedere l’Italia in campo. Non sono depresso, sono incazzato nero”.
Gli auguri a Mancini: “Gli auguri glieli ho già fatti al momento dell’incarico. Sarò un suo tifoso, perché l’Azzurro è più di un colore. Spero che possa portare avanti le sue idee senza trovare chi gliele fa saltare. E che i giovani trovino spazio con continuità nei club di appartenenza”.
Un libro sull'avventura in nazionale: “Sto decidendo se pubblicarlo, c’è una storia di due anni, dettagliata dentro e fuori dal campo, ma soprattutto un indirizzo su quello che non deve più accadere se si vuole avere un Sistema pulito ed efficace. Non c’è una sola parola non vera. Non c’è futuro senza giustizia e non c’è giustizia senza verità. Le ho detto la verità”.