
Quella Omicron è la variante di Covid-19 con maggior capacità di contagio mai rilevata e i numeri degli ultimi giorni confermano ampiamente questa tesi. Numeri che, come in ogni altro ambito, si sono palesati anche nel calcio. E se il Regno Unito è tra i territori più colpiti dal virus in questo momento, la Premier League è a sua volta il campionato che sta facendo più duramente i conti con l'emergenza sanitaria. La Federazione inglese è stata già costretta a rinviare ben cinque gare ufficiali, eppure c'è forte preoccupazione per una situazione che potrebbe aggravarsi ulteriormente.
I contagi nel Regno Unito
Il numero di positivi al Covid-19 in Gran Bretagna sta conoscendo una crescita esponenziale e allarmante. I dati odierni parlano di ben 88.376 positivi, quasi diecimila in più di ieri, quando con 78.610 contagi si era già stabilito il nuovo record assoluto (ampiamente superato solo dopo 24 ore), superando i 68.053 dello scorso 8 gennaio.
Le infezioni da variante Omicron, poi, erano già più che raddoppiate tra le conte di martedì e mercoledì, passando da 4.671 a 10.017. Il governo parla di “guerre senza quartiere” ed “eserciti territoriali”, spinge sulla campagna per la terza dose del vaccino e invita i cittadini britannici a limitare al minimo indispensabile i contatti sociali, limitandosi a quelli “essenziali”.
La situazione in Premier League
Come detto in apertura, la Premier League rispecchia perfettamente il quadro del proprio paese – anzi, lo supera in negativo: a fine ottobre, solo il 68% dei calciatori del campionato britannico era vaccinata con doppia dose, una percentuale inferiore rispetto al trend generale del Regno Unito – e la Federazione inglese è così già stata costretta a rinviare cinque gare ufficiali del proprio campionato di punta, che elenchiamo di seguito:
- Brighton-Tottenham (domenica 12 dicembre 2021)
- Brentford-Manchester United (martedì 14 dicembre 2021)
- Burnley-Watford (mercoledì 15 dicembre 2021)
- Leicester-Tottenham (giovedì 16 dicembre 2021)
- Manchester United-Brighton (sabato 18 dicembre 2021)
Il primo club a rilanciare di moda il termine “focolaio” è stato il Tottenham di Antonio Conte, che già la scorsa settimana aveva costretto la UEFA a rinviare il match di Conference League contro il Rennes complicando non poco i vari incastri e le combinazioni per il sorteggio dei playoff della competizione. In seguito, però, la situazione emergenziale si è estesa a vari altri club tra cui Il Manchester United, arrivato addirittura ad annunciare 19 positività tra i propri tesserati, fino a comporre il seguente quadro:
- Brentford: 13 casi accertati di variante Omicron tra giocatori e staff, rinviato match contro lo United
- Brighton: 3-4 giocatori risultati positivi
- Chelsea: 4 giocatori della Prima Squadra positivi
- Leicester: diversi giocatori positivi, partita con il Tottenham rinviata
- Manchester United: l'ultimo bollettino riporta un totale di ben 19 casi, rinviate le gare contro Brentford e Brighton
- Norwich: in attesa di conoscere il numero dei contagi, è a rischio la sfida contro il West Ham
- Tottenham: numero di casi in doppia cifra tra giocatori e staff, rirnviate le gare contro Brighton e Leicester
- Watford: numero di casi imprecisato, rinviata la sfida contro il Burnley
Il numero di partite rinviate potrebbe però non fermarsi a cinque visti i numeri di contagio in costante crescita negli ultimi tempi e la situazione si fa sempre più complicata anche per la Federazione. Il calendario delle squadre inglesi, già estremamente fitto di impegni tra campionato e coppe nazionali ed europee, rischia di non poter più allentare le proprie maglie per fornire agli organizzatori delle date utili per disputare le gare di recupero. Non bisogna dimenticare, tra l'altro, che per via dei Mondiali in programma il prossimo inverno in Qatar, l'elasticità del calendario si riduce ulteriormente.
Da considerare c'è poi anche la questione internazionale. Il Tottenham ha già forzato la UEFA a rinviare la gara dell'ultimo turno della fase a gironi di Conference League contro il Rennes causandole diversi grattacapi per quanto riguarda recuperi e sorteggi vari, ma il rischio che anche altre squadre partecipanti alla Champions e all'Europa League si ritrovino in situazioni di emergenza proprio in prossimità degli impegni del prossimo febbraio.
È dunque iniziata ad aleggiare per gli ambienti del settore l'ipotesi una sospensione generale del campionato inglese, come accaduto a livello mondiale già nella primavera del 2020. Le prime ipotesi sono state di uno stop breve, fino alla metà di gennaio, che avrebbe privato i club e la Federazione degli introiti derivanti dal tradizionale Boxing Day (turno di Premier League che si disputa ogni anno il 26 dicembre), ma che avrebbe potuto allentare la pressione e favorire una ripresa più serena del campionato nel 2022.
L'appello degli allenatori alla Premier League
Tra i più convinti sostenitori di una sosta forzata del campionato ci sono stati sicuramente i manager dei venti club di Premier League, preoccupati per la salute dei propri giocatori e dello staff del quale ognuno di loro si circonda. Tra chi ha invitato i vertici calcistici inglesi a intervenire, sicuramente si può annoverare il tecnico del Leicester Brendan Rodgers: “Non si può giocare. Come club e come squadra abbiamo sempre preso tutte le misure necessarie, ma quando ci ritroviamo in una situazione che è fuori dal nostro controllo e abbiamo bisogno di un piccolo aiuto, non lo troviamo. Siamo delusi. La Premier non vuole rinviare la partita contro gli Spurs (poi rinviata, ndr) per rispettare il palinsesto televisivo. Giocatori, allenatori e dirigenti tutti vogliono giocare. Ma la salute di tutti deve essere la priorità. Con più giocatori disponibili, il prodotto è migliore“.
Di parere simile Graham Potter, tecnico del Brighton, che al termine della sfida persa per 1-0 in casa contro il Wolverhampton ha dichiarato: “Vogliamo tutti che il calcio vada avanti, ma devono esserci le condizioni per farlo. La salute ha la priorità. Bisogna capire se sia giusto proseguire su questa strada“.
Nella conferenza stampa di giovedì mattina Thomas Frank, allenatore del Brentford, ha chiesto alla Federazione un intervento tempestivo: “I casi di Covid stanno salendo alle stelle in tutti i club di Premier League, creando evidenti problemi. Rimandare questo turno e anche il turno di Carabao Cup darebbe a tutti i club almeno una settimana, o anche 4-5 giorni per ripulire tutto e poter tornare al campo di allenamento, interrompendo così la catena. È importante che il calcio vada avanti e fermandoci ora possiamo preservare almeno il Boxing Day, ne sono sicuro al 100%“. Poco dopo aver pronunciato queste parole, mentre ancora era in sala con i giornalisti, a Frank è arrivata la comunicazione di quattro nuove positività nella sua squadra, che si andavano aggiungere alle precedenti nove.
Jurgen Klopp, tecnico del Liverpool, si è invece soffermato sull'importanza della trasparenza in situazioni così delicate: “Ci deve essere chiarezza sui nomi dei positivi e sui numeri reali, abbiamo il diritto di sapere. Nel caso in cui dovessi contrarre il Covid, e mi auguro che questo non avvenga, non avrei nessun problema a rendere pubblica la mia positività per ragioni di correttezza. Bisogna vaccinarsi. Per proteggere se stessi e per gli altri, per la comunità intera alla quale apparteniamo“.
La risposta della Premier League
Tramite i propri canali ufficiali, la Premier League sta mandando principalmente due messaggi. In primis, con diversi contenuti – soprattutto social – sta invitando alla prudenza e alla responsabilità tutti i tifosi delle venti squadre inglesi facenti parte del massimo campionato, orientando la propria comunicazione soprattutto verso i supporters che si recheranno allo stadio per i prossimi match, ricordando loro come comportarsi sugli spalti e nelle aree adiacenti gli impianti.
Inoltre, la Federazione ha pubblicato un comunicato ufficiale per annunciare il rinvio delle partite precedentemente citate, affermando verso la fine dello stesso di essere intenzionata a considerare l'opzione del rinvio soltanto caso per caso, e non come scelta complessiva per l'intero campionato: “Pur riconoscendo che un certo numero di club sono alle prese con focolai di Covid-19, è intenzione della Lega andare avanti con il calendario attuale delle partite che si possono disputare in sicurezza“.
Cosa successe quando i campionati furono sospesi nel marzo 2020
Il 10 marzo 2020, la Premier League prese per la prima volta la decisione di rinviare una partita di campionato. Si trattava di un match di cartello, Arsenal-Manchester City, un match che si sarebbe dovuto disputare il giorno seguente ma che fu invece temporaneamente (così si pensava) congelato dopo che venne diffusa la notizia della positività di Evangelos Marinakis, proprietario dell'Olympiakos che 13 giorni prima aveva avuto contatti ravvicinati con diversi giocatori dell'Arsenal in occasione della sfida tra le due squadre in Europa League.
Il tecnico dei Gunners Arteta fu trovato quindi positivo, e così la Premier League fu costretta a rinviare anche il successivo impegno del club contro il Brighton. Il primo caso tra i calciatori fu quello di Callum Hudson-Odoi del Chelsea, trovato positivo il 12 marzo, e il giorno dopo le Lega aveva già sospeso il campionato per il mese successivo. Lo stop durò in realtà circa il triplo, fino al successivo 17 giugno.
Un anno e mezzo dopo, tutti gli ingranaggi del sistema calcio hanno sicuramente assunto una certa – davvero poco invidiabile – familiarità con il virus e le contromisure più indicate a combatterlo, ma lo sviluppo di diverse varianti rende il compito ben più arduo e gli scenari imprevedibili. Per questo motivo, pur non avendo agito d'impulso come la prima volta nell'interrompere quasi immediatamente gli incontri, è impossibile al momento predire con certezza se i campionati andranno incontro a un nuovo stop.
Le prossime decisioni prese dalla Premier, vista la situazione di emergenza che per prima sta tornando a vivere, saranno certamente fondamentali anche per posizionare l'asticella nel malaugurato caso in cui altre Leghe si vedano costrette a fronteggiare una crisi di simile entità.
