Storia di Ruud Gullit, icona dell’Olanda e del Milan che ha stregato il mondo tra gli anni Ottanta e Novanta per talento e carisma
Ruud Dil, divenuto poi Ruud Gullit nasce ad Amsterdam il 1^ settembre 1962. Diventerà uno dei più forti calciatori a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta, nonché vera e propria icona di stile con le sue famosissime treccine. Il Tulipano Nero sarà inoltre un ambasciatore del calcio totale olandese, avendo ricoperto tutti i ruoli sul rettangolo di gioco da difensore fino a prima punta, e avendo conquistato con la Nazionale orange il titolo di campione d’Europa 1988. Vincerà tutto anche con il “Milan degli olandesi”, inserendo in bacheca 2 Coppe dei Campioni, 3 Scudetti, 1 Coppa Intercontinentale, 1 Supercoppa europea e 4 Supercoppe italiane prima di affermarsi anche con la maglia della Sampdoria con la Coppa Italia del 1993/94.
Campione carismatico, controverso e senza filtri attraverserà la Manica per vincere una FA Cup con il Chelsea da giocatore-allenatore, prima di proseguire – senza altrettanta fortuna – la sua carriera in panchina.
L’esordio in Olanda
Gullit dà inizio alla sua straordinaria carriera giocando dal 1973 al 1979 in due formazioni giovanili, quella del Meer Boys e quella del Dws. Esperienze che lo proiettano, da lì a pochi mesi, nel giro del calcio professionistico con l’Haarlem, squadra con cui Gullit disputerà tre stagioni viaggiando all'ottima media di 1 gol ogni 3 partite per un totale di 30 marcature in 91 apparizioni. Numeri che lo portano alla ribalta nazionale e sollevano su di lui i riflettori del Feyenoord che riesce a portarlo alle proprie dipendenze nell'estate 1982. Anche a Rotterdam l’attaccante olandese si tratterrà per tre stagioni, stavolta vincendo due trofei importanti – il double: scudetto e Coppa d’Olanda nel 1984 – e migliorando ancora il suo bottino personale con un bottino di 30 centri in 85 presenze in Eredivisie.
Sarà il trampolino per una nuova avventura olandese, questa volta con addosso i colori del Psv Eindhoven con cui conquista due titoli nazionali consecutivi e si mette in mostra con 48 gol a referto in 68 partite. Numeri da capogiro che fanno drizzare le antenne a tutti i top club internazionali, ma a spuntarla è il del presidente Berlusconi che convince Gullit a vestire rossonero: sarà l’inizio di una lunga ed emozionante storia d’amore.
L’epopea con il Milan
Si fa risalire la prima “cotta” dell’ambiente milanista nei confronti di Gullit al Trofeo Gamper 1986: in quell'occasione, infatti, sia il presidente sia l’allenatore Liedholm rimasero affascinati dalle doti dell’olandese che ricoprì praticamente ogni porzione di campo passando dalla difesa all'attacco con facilità e intelligenza tattica. Doti atletiche, tecniche e una leadership dentro e fuori dal campo che spinsero il Milan ad acquistare Gullit nell'estate del 1987. La convivenza con Sacchi, che invece perseguiva una ferrea idea tattica, viaggiò a un ritmo migliore del previsto: i due trovarono un’intesa sulla posizione da far ricoprire al calciatore che beneficiò di una particolare libertà in campo, pur all'interno di un collaudato sistema di gioco.
I risultati diedero ragione a entrambi: sia perché il Milan conquistò a fine anno lo scudetto – dopo un formidabile testa a testa con il Napoli di Maradona – sia perché al termine del 1987 Gullit era già stato insignito del Pallone d’Oro. Emblematica per la vittoria del tricolore fu proprio un’azione di Gullit, che partì in slalom poco prima della trequarti e servì al connazionale Van Basten il gol dell’1-3 nel big match del San Paolo del 1 maggio 1988. La stagione successiva fu quella della consacrazione anche a livello internazionale con la vittoria della Coppa dei Campioni 1989 contro la Steaua Bucarest: nell'epica finale giocata a Barcellona – il 24 maggio 1989 – il Diavolo si impone per 4-0 con una doppietta proprio del Tulipano Nero, come era chiamato all'epoca Gullit, che era andato in rete anche nella netta vittoria per 5-0 nella semifinale contro il Real Madrid. Dopo i fasti delle prime due annate a Milano, la terza fu caratterizzata dal grave infortunio al ginocchio che lo costrinse a guardare dalla tribuna per quasi tutto l’anno i compagni, riuscendo a rientrare giusto in tempo per la finale di Coppa dei Campioni contro il Benfica che significò il secondo titolo continentale consecutivo.
Chiuse le successive tre stagioni con rispettivamente 9, 8 e 11 reti totali, complice anche lo spostamento sulla fascia destra voluto dal nuovo tecnico Capello che lo reputava devastante quando partiva in progressione da quella porzione di campo. Capello riesce nell’impresa di rigenerare una squadra che sembrava ormai giunta al capolinea in rossonero dopo i fasti raggiunti con Sacchi. Nasce il Milan degli Invincibili. La fine dell’idillio con il Milan si consuma – dopo la finale di Champions persa contro il Marsiglia nel 1993 – con il passaggio alla Sampdoria. I rapporti con l’allenatore friulano si erano deteriorati, soprattutto dopo il battibecco del novembre 1992 dovuto all'esclusione di Gullit dai titolari della sfida contro la Juventus, e l’olandese giramondo sentì il bisogno di essere protagonista altrove. La sua bacheca in rossonero rimane comunque soltanto da ammirare con tre Scudetti, due Coppe dei Campioni, due Supercoppe italiane, due Supercoppe europee e due Coppe intercontinentali vinte sotto le gestioni Sacchi e Capello.
La Sampdoria e il ritorno in rossonero
A Genova Gullit dimostra di non aver perso il tocco magico, trascinando i blucerchiati al terzo posto in campionato – con 15 reti in 31 presenze, sua miglior prestazione in Serie A – e alla conquista della Coppa Italia, ma il feeling con il Milan non si è ancora interrotto del tutto. Decide quindi di tentare un ritorno a casa, ma dopo 8 partite di inizio campionato 1994/95 si riaccasa nuovamente alla Sampdoria con cui chiude la stagione segnando altre 9 reti prima di tentare l’avventura inglese con la maglia del Chelsea.
Il salto oltremanica e la carriera da allenatore
Con i Blues disputa tre annate, giocando in totale 49 partite condite da appena 4 gol, ma il suo è un ruolo di giocatore-allenatore. Conquista infatti anche la FA Cup nel 1997, diventando il più giovane tecnico straniero a imporsi in tale competizione, ma i dissapori con il Chelsea lo portano ad essere allontanato nella stagione successiva. La sua carriera da allenatore prosegue in Inghilterra con il Newcastle, ma dopo la finale di FA Cup raggiunta al primo anno sulla panchina dei bianconeri arrivano le dimissioni nel 1999. Una nuova chance si presenta qualche anno più tardi con il Feyenoord che conduce nel 2004/2005 portandolo al quarto posto in Eredivisie.
Arriveranno poi anche le occasioni con i Los Angeles Galaxy nel 2007 e con i russi del Terek Grozny nel 2010, ma anche in questi casi Gullit non riuscirà ad entrare in particolare sintonia con gli uomini chiave dello spogliatoio per diffondere la sua idea di “calcio totale”. L’ultima sua esperienza in panchina risale al breve periodo tra giugno e novembre 2017 come vice allenatore dell'Olanda.
Gli Orange
Con la celeberrima nazionale olandese, composta tra gli altri anche da Van Basten e Rijkaard, va alla conquista del trono continentale vincendo da capitano gli Europei del 1988. Più controverso il rapporto con la selezione Orange negli anni successivi: nel 1994 infatti, alla vigilia dei Mondiali negli Stati Uniti, un suo litigio con l’allora ct Advocaat lo portò ad abbandonare il ritiro della Nazionale e a saltare la rassegna nordamericana.
Le incomprensioni con il tecnico si erano già susseguite nel corso degli anni – sia per la posizione da ricoprire in campo, sia per i metodi di allenamento e infine anche per una battuta infelice del ct sul colore della pelle di Ruud – ma i due si riappacificheranno nel 2017 quando tenteranno, senza successo, di qualificare l’Olanda ai Mondiali in Russia nel ruolo di ct e vice allenatore.
Curiosità su Ruud Gullit
Il look stravagante di Gullit non è certamente passato inosservato all'epoca: le sue treccine ed i suoi baffi lo resero un’icona del calcio anni 80’ e 90’ e uno dei primi fenomeni mondiali in ambito marketing e merchandising.
La sua passione per il reggae, di cui era anche un discreto cantante, lo portò a incidere due album: “Not the dancing kind” nel 1984 e “South Africa” con i Revelation Time dedicato a Nelson Mandela. I proventi furono devoluti in beneficenza.
Personaggio assolutamente fuori dal coro per schiettezza e capacità comunicativa, Gullit reagì senza fronzoli ad un giornalista che gli mostrò una foto di Gianni Rivera nel corso della sua presentazione in rossonero. “Chi è?” fu l’istantanea risposta dell’asso olandese che alimentò le feroci critiche di quotidiani e opinionisti sportivi.