Il calciomercato estivo ha regalato uno dei suoi primi colpi della sessione estiva, con l'Inter che è riuscita a portare nuovamente in nerazzurro Romelu Lukaku dopo una sola stagione dal ritorno al Chelsea. In particolare ha fatto scalpore la scelta del belga in relazione al numero di maglia da indossare: contro ogni pronostico, che lo vedeva nuovamente con la 9 sulle spalle, infatti, l'attaccante ha invece deciso di passare alla 90. Una scelta dettata dal fatto che questo numero si avvicina molto a quello preferito solitamente, anche in segno di rispetto nei confronti di chi lo indossa allo stato attuale, ovvero il bosniaco Edin Dzeko. Quello di Lukaku, tuttavia, è solo l'ultimo esempio di una folta schiera di calciatori che, in passato e di recente, hanno indossato numeri di maglia quantomeno curiosi, in Serie A e non solo.
La storia dei numeri “fuori ruolo”
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Fino all'introduzione della numerazione personalizzata, nel 1995, i titolari di una formazione di una partita di calcio sono sempre scesi in campo indossando una maglia con numerazione progressiva dall'1 all'11. A ciascuno di questi numeri era attribuito un ruolo preciso, con l'1 riservato sempre al portiere titolare e il 12 al suo vice, i numeri dal 2 al 5 assegnati ai difensori, il 6, 7, 8 e 11 ai centrocampisti, il 9 all'attaccante e il 10 al giocatore di maggiore fantasia, mentre dal 13 in poi c'erano le riserve. Tuttavia, proprio in seguito all'anno succitato, ciascun atleta ha avuto la possibilità di scegliere un numero a suo piacimento, creandoci sopra anche un brand dai guadagni consistenti, come nel caso di Ronaldinho col 10 e Cristiano Ronaldo col 7, giusto per citare due degli esempi più celebri. A questi, come accennato, si aggiungono anche coloro i quali, per propria volontà o meno, hanno indossato dei numeri di maglia che trascendono il ruolo ricoperto in campo.
Il primo giocatore a indossare un numero di maglia insolito per il ruolo ricoperto è stato l'argentino Osvaldo Ardiles, il quale, sia in occasione dei Mondiali casalinghi del 1978 che a Spagna 1982, indossò la maglia numero 1 pur essendo un centrocampista. Una vera e propria imposizione più che una scelta, in quanto la federazione albiceleste decise di assegnare i numeri di maglia in ordine alfabetico, e il primo era proprio l'ex giocatore del Tottenham, facendo un'eccezione solo per Diego Armando Maradona, al quale venne conferito il 10. Oltre a lui, ma per propria volontà, ci sono altri due esempi celebri: Edgar Davids, che agli sgoccioli della propria carriera riveste il ruolo di allenatore-giocatore del Barnet, in Inghilterra, proprio con la 1 sulle spalle, e quello di Jonathan De Guzman, ex Napoli che al momento del trasferimento al ChievoVerona fece lo stesso ispirandosi proprio ai suoi predecessori.
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I portieri senza la numero 1 sulle spalle
La compagine gialloblù si è distinta nel campo dei numeri curiosi anche grazie a Cristiano Lupatelli: il portiere clivense, infatti, in seguito a una scommessa fatta con degli amici, decise di indossare la maglia numero 10, creando un precedente senza eguali per un estremo difensore. L'unico a eguagliarlo, ma in maniera quantomeno originale, è stato il brasiliano Rogerio Ceni, portiere goleador del San Paolo. Proprio i 131 gol realizzati in carriera portarono il club carioca a omaggiarlo facendogli indossare il numero 01, in quanto era un portiere ma con le caratteristiche di un 10, anche se stampato al contrario.
Storia simile a quella del sudamericano è quella di un altro estremo difensore che ha indossato un numero diverso dall'1, ovvero Jorge Campos. In particolare il messicano ha indossato a lungo la numero 9 in virtù del fatto che in un momento preciso della propria carriera è stato impiegato anche nel ruolo di attaccante, centrando il bersaglio in 38 occasioni. Altri esempi celebri di numeri particolari in questo ruolo sono stati quelli di Luca Bucci, che in due annate diverse a Parma indossò prima il numero 7 e poi il numero 5, quello del vulcanico Salvatore Soviero, che a Reggio Calabria decise di prendersi la numero 8, e più recentemente Emiliano Viviano, il quale con la Sampdoria indossò la numero 2 vista l'indisponibilità dell'1.
Numeri curiosi tra giochi di parole, motivi umanitari e religiosi e operazioni matematiche
Sempre in ambito blucerchiato, e sempre con la numero 2, c'è l'esempio più recente del centrocampista Morten Thorsby, il quale ha scelto di indossare questo numero per motivi legati ai cambiamenti climatici. Dopo gli Accordi di Parigi, infatti, è stato stabilito a livello internazionale l'obiettivo di limitare l'aumento della temperatura sulla Terra al di sotto dei 2 gradi, e non potendo indossare l'1,5 ha scelto di prendere il 2 proprio come gesto di sensibilizzazione sull'argomento. Motivazione più spirituale, invece, quella che ha indotto Nicola Legrottaglie e Federico Bernardeschi a indossare la numero 33, in omaggio agli anni di Cristo in virtù della forte fede che li contraddistingue. Cristo che, tra l'altro, era anche il nome di un'attaccante spagnolo dell'Udinese al quale venne attribuito proprio lo stesso numero dei più celebri predecessori, facendo anche un po' leva sul gioco di parole.
In quest'ultimo ambito, poi, ci sono tanti altri casi da ricordare, come la scelta recente di Stefano Sensi di indossare la numero 5 alla Sampdoria, come anche precedentemente a Cesena, quella del portiere Marco Fortin di indossare la 14 o come i casi di Fabio e Riccardo Gatti a Perugia e Reggio Emilia e di Massimo Oddo al Milan, accomunati dalla numero 44. I primi due come omaggio alla celebre canzone vincitrice dello Zecchino d'Oro del 1968, mentre l'ex terzino rossonero giocò sul fatto che la somma dei due numeri desse come risultato… il proprio cognome. E proprio le operazioni matematiche hanno contraddistinto anche alcune celebri maglie come la 1+8 di Ivan Zamorano all'Inter, il quale lasciò la numero 9 a Ronaldo e venne emulato nel 2017 da Manuel Nocciolini al Parma, e anche la 1×3 di Roberto Baronio al Perugia. Quest'ultima scelta nacque in seguito a una polemica in diretta tv col proprio presidente, Luciano Gaucci, che l'accusò di essere la causa, scaramantica, delle sconfitte della propria squadra a causa del numero indossato, il 13. Di conseguenza il metronomo lombardo rispose alla provocazione mettendo il segno x tra i due numeri.
Omaggi ai campioni dello sport e numeri a tre cifre
Oltre ai motivi citati finora, i calciatori hanno scelto numeri curiosi anche per omaggiare i campioni di altri sport. Tra questi spicca senza dubbio il cestista Michael Jordan, che da sempre ha fato del numero 23 il proprio marchio di fabbrica tra campo e linea di abbigliamento, ed è stato omaggiato da Massimo Ambrosini al Milan, da Marco Materazzi all'Inter e da David Beckham al Los Angeles Galaxy. Il doppio di 23 è 46, e in Italia questo numero è associato al campione di motociclismo Valentino Rossi, il quale ha dato ispirazione sul numero da indossare ad Alessio Romagnoli alla Roma, a Mirko Pieri alla Sampdoria e ad Andrea Raggi in tutte le squadre con le quali ha giocato. Altro, compianto motociclista è stato Nicky Hayden, il quale prima della sua morte correva sempre col numero 69, in quanto anche in caso di caduta della moto si leggeva sempre allo stesso modo. L'americano è stato fonte di ispirazione per Riccardo Meggiorini, il quale in tutte le squadre con cui ha giocato ha sempre indossato questo numero, alla pari del terzino francese Bixente Lizarazu, il quale però lo scelse per il suo anno di nascita, nonché il peso di 69 kg e l'altezza di 1,69 metri.
Dulcis in fundo, questa particolare carrellata di numeri curiosi si chiude con alcuni giocatori che hanno indossato addirittura un numero a tre cifre sulle proprie spalle. Questi sono l'australiano Tommy Oar, il quale indossò in Nazionale la maglia numero 121 proprio come precisa scelta della propria federazione di assegnare a ogni atleta un numero preciso in occasione delle qualificazioni ai Mondiali, come nel succitato caso dell'Argentina con Osvaldo Ardiles. Ancora più estroso e insolito il messicano Adolfo Bautista, attaccante di ruolo così come Oar, che nella propria carriera indossò sia il 100 che l'1, accompagnati dalla dicitura “My angel”, così come lo chiamava la madre, scomparsa pochi anni prima. Tutte scelte sicuramente curiose e insolite che rientrano nella logica di uno sport come il calcio basato soprattutto sulla passione e l'originalità che trascende ogni tipo di convenzione.