“Che fine ha fatto?”. Ce lo chiediamo di un amico che non si fa più sentire dopo che ha copiato i compiti di latino per tutto il liceo, del pantalone dell'abito della laurea che tua madre ha messo in un posto sicuro e che probabilmente verrà ritrovato dai tuoi nipoti, di quella ricevuta di pagamento della multa che è “sempre stata lì” ma ora che ci è arrivata la mora per non averla pagata sembra essere stata ingoiata dall'etere. Ce lo chiediamo anche per quei calciatori che sembrano destinati a prendere a pallate tutti per un'era calcistica ma che dopo pochi attimi di gloria si dissolvono come neve al sole.
Che fine ha fatto è proprio il nome che abbiamo voluto dare a questa rubrica. Per ricordare insieme quei talenti che hanno abbacinato tutti agli esordi e che ora sono dispersi in qualche campo di periferia o come direbbe qualcuno: “hanno appeso le scarpe a qualche tipo di muro e adesso ridono dentro al bar“.
Ben ritrovati amici nostalgici di questa rubrica. Dopo una pausa doverosa dovuta agli impegni mondiali, riparte con questo 2023 questa rassegna in cui andiamo a ripescare calciatori tra le più disparate personalità che hanno lasciato un segno – più o meno importante – nei nostri ricordi. Abbiamo percorso le carriere di Mastour, talento incredibile gettato al vento, passando per la storia di rivalsa di Macheda e arrivando alle invenzioni di Foquinha. Uno sguardo lo abbiamo dato anche al reality “Campioni il Sogno” a ai suoi protagonisti, abbiamo ricordato Maicosuel, rimpianto dell'Udinese e per ultimo ma non per importanza abbiamo ripescato le gesta di Francesco Grandolfo vera e propria meteora con la maglia del Bari. Oggi vogliamo portare l'attenzione su quello che sembrava poter essere un crack fenomenale nel nostro campionato, ma che si è dissolto come neve al sole: Eljero Elia.
È l'estate del 2011, un rampante Antonio Conte si è appena seduto sulla panchina della Juventus indicato dal presidente Andrea Agnelli come quello che farà risorgere i bianconeri dai due settimi posti consecutivi. Il mister salentino ritorna nella squadra che lo aveva visto crescere e diventare capitano con la voglia di cambiare la storia. Il suo 4-2-4 con il quale aveva ottenuto tante soddisfazioni convince la dirigenza juventina a regalargli una batteria di esterni importante tra i quali spicca un giovane che ha stregato l'Olanda venendo eletto talento dell'anno qualche anno prima: Eljero Elia. Velocità, tecnica, dribbling e tanti assist: questo è quanto mostrato a soli 24 anni nelle stagioni all'Amburgo che lo aveva prelevato dal Twente. Sembra la tempesta perfetta per il ruolo di ala nello schieramento di Conte.
In maglia bianconera nella stessa estate dal Bayer Leverkusen arriva un altro giovane in rampa di lancio, si tratta di Arturo Vidal. Al cileno bastano pochi minuti nella prima di campionato – nella quale va anche in gol – a stregare Antonio Conte, che per inserirlo stabilmente in campo nelle settimane seguenti cambia addirittura modulo. Così per Elia, arrivato come ala pura, inizia una stagione abbastanza complicata in cui il mister – complici anche le pochissime attitudini del ragazzo in fase difensiva – lo vede poco, per non dire nulla e lo mette immediatamente ai margini del progetto. Quella Juventus, soltanto 9 mesi più tardi si laurea Campione d'Italia inaugurando una striscia di tricolori che durerà 9 stagioni, regalando ad Elia uno dei tre Scudetti vinti in carriera. Un titolo che Elia non può sentire suo per quanto fatto vedere in campo e che la società non gli riconosce costringendolo – per avallare il suo trasferimento al Werder Brema – a restituire la Ferrari premio, promessa fatta ad inizio anno a tutti i calciatori.
Nonostante questo finale burrascoso con la Vecchia Signora, Elia non ha mai rinnegato i suoi trascorsi in Serie A. Quando gli viene chiesto infatti, spende sempre parole al miele per la società bianconera – con la quale dice di essere ancora in contatto – e tende ad assumersi sempre tutta la responsabilità di quel fallimento. A suo dire come capita ai giovani inesperti che arrivano in un posto nuovo, il suo voler strafare e il non saper aspettare lo aveva destinato a non entrare nelle grazie di Conte. Qualche anno fa dichiarò anche: “In panchina a volte ci finivano anche Del Piero e Pirlo figuriamoci se non potessi starci io”.
Neanche in Germania però, Elia, mette in atto ciò che aveva fatto vedere in patria. Nonostante con la squadra di Brema giochi 66 partite nel corso di una stagione e mezza, fa di tutto per essere ceduto e viene accompagnato alla porta nella sessione invernale del 2014: prestito al Southampton che neanche a dirlo, non lo riscatta a fine anno. Per ritrovare una parvenza del talento ammirato quattro anni prima, dovrà tornare a calcare i campi della Eredivisie dove con la maglia del Feyenoord si toglie la soddisfazione di vincere ancora una volta il campionato completando la stagione da giocatore con la percentuale di dribbling riusciti più alta della divisione. Una dimostrazione, se mai ce ne fosse stato bisogno che alcuni calciatori, cresciuti calcisticamente in zona Benelux non possono essere imbrigliati nei dettami tattici che invece caratterizzano i maggiori campionati europei.
Dopo due anni in maglia biancorossa, a credere in lui sono i turchi dell'IIstanbul Basaksehir che gli regalano una maglia da titolare e il terzo titolo nazionale in carriera nel terzo paese differente. Dopo altre due stagioni ritorna in Olanda. Sembra passata un'era geologica ma Elia, ha ancora 35 anni, ha passato le ultime stagioni in patria con le maglie dell Utrecht e del ADO Den Haag , dove gli era stato offerto il ruolo di chioccia per coltivare giovani talenti, e da quest'estate è ufficialmente svincolato. Un epilogo abbastanza triste per quello che, come Robben e Sneijder, aveva ammaliato l'Olanda a 21 anni imponendosi come talento dell'anno e portando a casa l'ambito premio intitolato a Johan Cruijff.