“Che fine ha fatto?”. Ce lo chiediamo di un amico che non si fa più sentire dopo che ha copiato i compiti di latino per tutto il liceo, del pantalone dell'abito della laurea che tua madre ha messo in un posto sicuro e che probabilmente verrà ritrovato dai tuoi nipoti, di quella ricevuta di pagamento della multa che è “sempre stata lì” ma ora che ci è arrivata la mora per non averla pagata sembra essere stata ingoiata dall'etere. Ce lo chiediamo anche per quei calciatori che sembrano destinati a prendere a pallate tutti per un'era calcistica ma che dopo pochi attimi di gloria si dissolvono come neve al sole.
Ben ritrovati amici nostalgici di questa rubrica quindicinale, una rassegna in cui andiamo a ripescare calciatori tra le più disparate personalità che hanno lasciato un segno – più o meno importante – nei nostri ricordi. Abbiamo percorso le carriere di Mastour, talento incredibile gettato al vento, passando per la storia di rivalsa di Macheda e arrivando alle invenzioni di Foquinha. Uno sguardo lo abbiamo dato anche al reality “Campioni il Sogno” e ai suoi protagonisti, abbiamo ricordato Maicosuel, rimpianto dell'Udinese così come abbiamo ripescato le gesta di Francesco Grandolfo vera e propria meteora con la maglia del Bari, prima di arrivare alle aspettative non rispettate di Elia ed Iturbe. Abbiamo rimpianto il talento di Alexandre Pato, viaggiato assieme al girovago Samuele Longo , scoperto qualcosa in più sul primo iracheno della storia della Serie A, Alì Adnan.
Altri appuntamenti sono stati con il mancino magico di Diamanti e con i guantoni di Simone Scuffet che avrebbe dovuto essere il portiere della Nazionale per diversi anni ma si è perso prima di arrivarci. Come scordare la storia tutta stravaganza e rock & roll, percorrendo la carriera di Pablo Daniel Osvaldo. Con il pokerissimo delle ultime puntate El Kaddouri, Ricky Alvarez , Ezequiel Schelotto, Yoan Gourcuff e Panagiotis Tachtsidis ci siamo ritrovati davanti a giocatori conosciuti ma che non hanno mai lasciato il segno nella loro carriera. Solo 15 giorni fa invece, ci concentravamo sulle sventure extra campo di Ishak Belfodil, fermato dalle autorità francesi con l'accusa di tentato omicidio. Oggi vogliamo ripescare un calciatore che nonostante i suoi modi non proprio ortodossi sul terreno di gioco ci ha sempre ispirato simpatia, parliamo di Juraj Kucka.
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Kucka nasce in Slovacchia da una famiglia che respira calcio. I due fratelli sono calciatori professionisti e il papà è un addetto ai lavori sin da ragazzo. Inizia a muovere i primi passi nelle giovanili del Baník di Prievidza – così come l'attuale calciatore del Milan Kurtic – che ha regalato alla Nazionale slovacca uno dei difensori più forti della sua storia: Martin Skrtel. Una volta arrivato alle scuole superiori Kucka si lega prima al Podbrezová – squadra affiliata all'Inter e in cui era cresciuto Gresko – e poi al Ružomberok. Qui Juraj si forma come calciatore e ha la possibilità di farsi notare. Le sue caratteristiche sono la corsa e la forza fisica, è capace di giocare mediano ma il suo spunto sotto porta e il tiro dalla distanza, lo rendono pericoloso anche dalla trequarti in su. Nel 2009 ormai ventiduenne, Kucka viene acquistato dallo Sparta Praga e approda nel calcio che conta. Con i cechi Kucka gioca 61 partite mettendo a referto 14 gol. Una di queste in Europa League contro il Palermo, che gli vale la vetrina europea e l'interesse del Genoa che lo porta in Liguria pagandolo 3 milioni di euro.
L'approdo in Serie A è promettente, tanto che durante la prima stagione viene notato dall'Inter che strappa al Genoa la comproprietà. Con i nerazzurri non esordirà mai e non diventerà il secondo slovacco ad aver vestito la maglia dell'Inter: il primo era stato proprio quel Gresko di cui parlavamo prima. Nell'estate seguente il suo cartellino torna sotto il controllo completo del Genoa, con cui vive alti e bassi tra salvezze conquistate per il rotto della cuffia e l'Europa League raggiunta e poi tolta per non aver ottenuto la licenza UEFA. Così le ambizioni aumentano e il ragazzo di Bojnice nel 2015 si trasferisce al Milan.
Non è un periodo roseo per i rossoneri, che stanno ricostruendo la squadra. I suoi allenatori sono prima Mihajlovic e poi Montella con il quale Kucka riesce a strappare ad una Juventus cannibale una Supercoppa Italiana. Dopo due annate con la maglia del diavolo, l'esperienza in Serie A però sta volgendo al termine, il Milan non crede più in lui e lo cede in Turchia al Trabzonspor dove incontra il prossimo compagno di squadra al Parma, Andreas Cornelius. Sì perché Kucka, nella sessione invernale del mercato 2019 approda in Emilia Romagna dove lo aspetta un'amara retrocessione un anno e mezzo dopo. Ancora un trasferimento, direzione Premier League dove lo vuole Claudio Ranieri che sta allenando il Watford. Con la squadra di Pozzo però, arriva un altra retrocessione e qui Kucka prende la decisione di lasciare “il calcio che conta” e rientrare in patria.
Così nell'estate del 2022 viene tesserato dallo Slovan Bratislava che è campione di Slovacchia da dodici anni consecutivi. Nella sua Slovacchia ha trovato il tempo di aprire un ristorante in società con suo fratello, il Meridiana che potete trovare a Bojnice. In campo sfoggia la solita tigna che abbiamo imparato ad apprezzare in Italia. Infatti quest'estate durante il primo match di qualificazione alla prossima Champions League contro lo Swift Hesperange – squadra lussemburghese – Kucka ha tirato un morso ad un avversario ed è stato espulso dopo l'intervento del VAR. Dopo di che con il solito carisma che lo contraddistingue ha chiesto scusa pubblicamente: “Vorrei scusarmi con tutta la squadra, il club e i tifosi. Sono pienamente consapevole dell'errore che ho commesso e che non dovrebbe accadere, che ha indebolito la squadra in una partita difficile e importante. Sono stato provocato inutilmente da un avversario che era sdraiato sopra di me, non mi lasciava andare, pizzicandomi e graffiandomi. Tuttavia, questo non giustifica la mia reazione successiva. Sarò sicuramente punito con uno stop per diverse partite, cosa che mi dispiace molto, ma ognuno impara dai propri errori”. Lo sappiamo bene Juraj, a noi sei sempre stato simpatico anche per questo.