
Ben ritrovati amici nostalgici di questa rubrica quindicinale, una rassegna in cui andiamo a ripescare calciatori tra le più disparate personalità che hanno lasciato un segno – più o meno importante – nei nostri ricordi. Abbiamo percorso le carriere di Mastour, talento incredibile gettato al vento, passando per la storia di rivalsa di Macheda e arrivando alle invenzioni di Foquinha. Uno sguardo lo abbiamo dato anche al reality “Campioni il Sogno” a ai suoi protagonisti, abbiamo ricordato Maicosuel, rimpianto dell'Udinese così come abbiamo ripescato le gesta di Francesco Grandolfo vera e propria meteora con la maglia del Bari, prima di arrivare alle aspettative non rispettate di Elia ed Iturbe. Oggi vogliamo rendere omaggio a uno dei talenti più cristallini e sfortunati che abbiano calcato i campi di Serie A, stiamo parlando di Alexandre Rodrigues da Silva meglio conosciuto come Pato, attaccante del Milan rimasto nei cuori dei tifosi rossoneri.
Ventiquattro secondi. Questa storia inizia il 13 settembre del 2011, allo stadio Camp Nou di Barcellona. Il Milan fa il suo esordio nei gironi di Champions League ed è appena stato battuto il calcio di inizio. La palla arriva a Nocerino che quasi casualmente la passa a Pato. Strappo in velocità, difensori seminati, palla tra le gambe del portiere. Ventiquattro secondi. È il tempo che serve a consacrare un ragazzo brasiliano arrivato a Milano quattro anni prima e che, a 21 anni, si candida ad essere il futuro del calcio Mondiale. Ventiquattro secondi. Sono i momenti di gloria, preludio di una carriera costellata da vittorie personali e di squadra, sognate a lungo da bambino. Dopo quei 24 secondi, Pato giocherà solo 24 partite in due anni con la maglia del Milan.
Riavvolgiamo un attimo il nastro, fino agli inizi della giovane carriera di Alexandre Pato. Come spesso succede, la vita dei giovani calciatori brasiliani agli inizi è piena di difficoltà economiche e di scelte difficili da parte dei genitori che devono cercare di portare aventi una famiglia, senza spegnere il sogno dei figli. Ma Alexandre che è nato e vive a Pato Branco, – in portoghese letteralmente “papero” – terra che gli darà anche il suo soprannome, non è ossessionato dal calcio, gioca solo per divertirsi. Pochi sanno che a soli dieci anni a Pato viene diagnosticato un tumore osseo: operazione immediata o amputazione del braccio. La famiglia, non può permettersi l'operazione – in Brasile la sanità è privata – così, il papà regala al dottor Paulo Roberto Muss delle cassette che ha registrato al campetto, di suo figlio che gioca a calcio. Così il dottore , in un momento di estrema umanità, si convince ad ad operare Pato gratuitamente, salvandogli la carriera e regalandogli un nuovo inizio.
Come racconta lui stesso nella lettera aperta scritta qualche tempo fa, fino a 10 anni non sa neanche che esistano i campi regolamentari. Gioca sui campi a 5, dove deve solo divertirsi. Arriva l'osservatore di turno, che ne percepisce il talento e convince la famiglia a fare un provino all'International de Porto Alegre: l'occasione di una vita. Le premesse per il provino non sono grandiose. Il papà, lo porta a dormire in un motel mal frequentato accanto allo stadio, non proprio il posto per un ragazzino. Nella borsa di Pato c'è un paio di scarpe, una con i tacchetti in gomma e l'altra in metallo. Un disastro. Ma d'altronde le possibilità sono quelle e bisogna fare di necessità virtù. Con un po' di fortuna, Alexandre riesce a farsi prestare un paio di scarpini e supera il provino, così viene ingaggiato dal International.
Le cose lontano da casa, iniziano a farsi dure. Il nonnismo dei veterani e la mancanza della famiglia si fa sentire nella testa e nel corpo di un ragazzino di soli dodici anni. Ma giocare a calcio è una cosa alla quale non vuole rinunciare e resta a Porto Alegre completando la trafila della giovanili prima di essere promosso anzi tempo in prima squadra all'età di 16 anni. L'anno successivo l'International prende parte al Mondiale per Club. Pato segna in semifinale e gioca la finale contro il Barcellona del suo idolo: Ronaldinho. Vittoria per 1-0, il punto più alto della storia del club. Il primo trofeo di una carriera che nella sua testa non potrà che essere gloriosa e piena di momenti come questo.
L'anno successivo, lo cercano tutti i top club d'Europa. Lui, sceglie il Milan. Una squadra da Play Station, la definisce, come se giocare ad un videogioco fosse diventato realtà. Con i rossoneri, ha l'opportunità di crescere in campo e soprattutto fuori aiutato da grandi campioni. Per capire cosa succede nella testa di un ragazzo in questi momenti, ci è d'aiuto la lettera già citata in precedenza di cui citiamo uno stralcio: “Ho iniziato a sognare troppo. Anche se continuavo a lavorare duro, la mia fantasia mi portava in posti di tutti i tipi. Nella mia testa avevo già il Pallone d’Oro in mano. Non potevo evitarlo. È davvero difficile non lasciarsi travolgere. Avevo sofferto tanto per arrivare lì. Quindi perché non godersela? […] Quando vivevo nel presente ero inarrestabile. Ma la mia mente rimaneva incastrata nel futuro.”
In questo sognare ad occhi aperti, non badando al presente, arrivano i continui infortuni. In questo momento Pato si sente perso, non ha rapporti umani solidi a Milano e il Brasile è troppo lontano perché qualcuno della famiglia possa aiutarlo. Si sente solo e non sa come uscire da questo tunnel in cui la luce sembra non arrivare mai. Come abbiamo raccontato qualche riga fa, il gol al Barcellona che avrebbe dovuto innalzarlo a star del calcio mondiale, in realtà è solo uno specchietto per le allodole. I due anni seguenti saranno un calvario per Pato, che girerà il mondo in cerca di un luminare che lo possa aiutare a guarire dai suoi problemi fisici. Il talento brasiliano, a soli 23 anni – dopo due stagioni in cui non si vede mai in campo – sparisce quasi completamente dal panorama calcistico che conta. Nel gennaio 2013 fa di tutto per farsi vendere al Corinthias, dove spera di ritrovare se stesso vicino a casa. Ma soprattutto dove può lavorare con l'ex fisioterapista di Ronaldo che lo rimette in piedi.
I continui infortuni avevano accorciato i muscoli dell'attaccante, un corpo completamente sbilanciato che non poteva reggere alla velocità e all'intensità necessaria su un campo da calcio. Dal momento in cui il dottor Bruno Mazzotti inizia a lavorare con lui, gli infortuni muscolari spariscono e Pato torna ad essere un calciatore. Le pressioni continue di essere il fuoriclasse della squadra, al Corinthias terminano in uno sciagurato rigore tirato con il “cucchiaio”, dopo il quale è costretto a girare in città con la scorta e a cambiare squadra a fine anno.
Quante volte in queste storie abbiamo raccontato di calciatori dal talento infinito, iniziare una sorta di girandola per il Mondo in cerca di ritrovare se stessi? Ecco, Pato non fa eccezione. Due stagioni al San Paolo, prima di tornare in Europa prima a Londra con il Chelsea, dove gioca solo due partite in sei mesi poi al Villareal dove viene sponsorizzato dall'ex compagno Bonera. Altra stagione, altra squadra, stavolta in Asia con Tianjin Tianhai dove ritrova un po' di pace con se stesso cercando di apprezzare la vita e tornando a divertirsi nel giocare a calcio, come quando calcava i campetti della sua città. Dopo i due anni in Cina, il ritorno in patria sempre con il San Paolo, per finire all'Orlando City in Mls dove l'ennesimo infortunio lo mette K.O. definitivamente.
“Non ho mai capito l’importanza di comunicare bene e costruire relazioni. Mi era stato detto che i risultati in campo erano gli unici a contare. Questo semplicemente non è vero.” In queste due righe, raccolte sempre dalla sua lettera aperta, è racchiusa l‘essenza del fallimento di Pato. Nonostante un talento da vendere, non si era mai saputo conquistare la fiducia delle persone attorno a lui. Persone che nel calcio di oggi, ti aiutano ad andare avanti nei momenti difficili anche magari facendoti firmare un contratto che in quel momento non meriti.
Ad oggi, Alexandre Pato è svincolato. Non ha fatto la carriera che avrebbe meritato la sua classe, ma dice di essere in pace con se stesso, con la sua famiglia e con sua moglie che definisce i suoi tanti palloni d'oro. A quasi 34 anni, ha ancora un sogno, quello di poter giocare un Mondiale di calcio. Dopo tante sofferenze e pochissime soddisfazioni sul campo, chi siamo noi per impedirgli di sognare?
AGGIORNAMENTO: in data 26/05/2023 Pato ha firmato un nuovo contratto con il San Paolo, in cui verrà valutato il rendimento dell'ex Milan. Chissà che dopo due stagioni piene dei soliti infortuni, non possa tornare a divertirsi su un campo da calcio.
