Edit 24 aprile 2023
“Dopo 23 anni sabato sarà la mia ultima partita“. Inizia così il saluto social di Alessandro Diamanti, che ha annunciato il suo addio al calcio giocato. Una scelta probabilmente non casuale quella di chiudere al 23esimo anno la sua carriera, dato che il 23 è stato proprio il numero che lo ha accompagnato per la maggior parte di essa.
“Che fine ha fatto?”. Ce lo chiediamo di un amico che non si fa più sentire dopo che ha copiato i compiti di latino per tutto il liceo, del pantalone dell'abito della laurea che tua madre ha messo in un posto sicuro e che probabilmente verrà ritrovato dai tuoi nipoti, di quella ricevuta di pagamento della multa che è “sempre stata lì” ma ora che ci è arrivata la mora per non averla pagata sembra essere stata ingoiata dall'etere. Ce lo chiediamo anche per quei calciatori che sembrano destinati a prendere a pallate tutti per un'era calcistica ma che dopo pochi attimi di gloria si dissolvono come neve al sole.
Ben ritrovati amici nostalgici di questa rubrica quindicinale, una rassegna in cui andiamo a ripescare calciatori tra le più disparate personalità che hanno lasciato un segno – più o meno importante – nei nostri ricordi. Abbiamo percorso le carriere di Mastour, talento incredibile gettato al vento, passando per la storia di rivalsa di Macheda e arrivando alle invenzioni di Foquinha. Uno sguardo lo abbiamo dato anche al reality “Campioni il Sogno” e ai suoi protagonisti, abbiamo ricordato Maicosuel, rimpianto dell'Udinese così come abbiamo ripescato le gesta di Francesco Grandolfo vera e propria meteora con la maglia del Bari, prima di arrivare alle aspettative non rispettate di Elia ed Iturbe, per finire poi agli ultimi capitoli in cui abbiamo rimpianto il talento di Alexandre Pato, viaggiato assieme a Samuele Longo e scoperto qualcosa in più sul primo iracheno della storia della Serie A, Alì Adnan. Quello di oggi, vuole essere un vero e proprio amarcord per portare alla luce un talento che ha illuminato la Serie A per diversi anni: Alessandro, detto Alino, Diamanti.
Se sei un numero 10, fantasista, per di più mancino, il tuo destino è far innamorare chi ti guarda accarezzare il pallone sul prato verde. Tra i tanti che hanno calcato i campi di Serie A, uno tra i più interessanti da scoprire è senz'altro Alessandro Diamanti. Cresciuto in quella fucina di talenti che è il Prato, di cui suo nonno è stato presidente e che ha regalato alla Nazionale italiana fuoriclasse del calibro di Paolo Rossi e Christian Vieri, Diamanti non è un ragazzo come gli altri. Tra gli addetti ai lavori lo sanno tutti, ma nessuno sembra avere il coraggio di portarlo sul palcoscenico più importante di tutti. Per questo la sua consacrazione ai massimi livelli avviene quasi casualmente quando ha già 24 anni, dopo esperienze più o meno proficue tra Serie C e qualche apparizione in Serie B. Il salto definitivo di carriera è un'intuizione di Fabio Galante che lo pesca quando milita in Serie C2 e lo propone al compianto Aldo Spinelli, presidente del Livorno. Il giudizio sulla sua prima stagione in Serie A è condizionato dalla retrocessione a fine campionato della sua squadra, ma il bilancio personale è tutt'altro che negativo. Si è fatto conoscere e ha già impressionato per quella che resta la sua più grande qualità: abbinare una tecnica sopraffina ad una grinta degna di un mediano.
La sensazione evidente che si ha nel vederlo giocare, è quella di una comprensione del gioco e della partita superiore a quella degli altri. Capisce perfettamente quando può incidere in prima persona e azzannare gli avversari e al contrario quando il suo apporto deve essere solo di quantità al servizio della squadra. Una dote sviluppata certamente nelle serie minori, quando da calciatore di livello superiore, riesce a mettersi a disposizione anche dell'ultimo dei gregari.
Dopo il secondo anno a Livorno arriva l'occasione di farsi notare all'estero: sulle sue tracce arriva il West Ham. Le sue caratteristiche sembrano perfette per la Premier, fisicamente tiene botta con tutti e tecnicamente fa la differenza. Il pubblico lo adora e i 7 gol in 28 presenze, dipingono perfettamente l'impatto che ha sul campionato inglese. Spesso però, la fretta di rincorrere i sogni è cattiva consigliera. Il sogno in questo caso è la maglia azzurra della Nazionale e quando sei un italiano, neanche troppo conosciuto in patria, che gioca in un campionato estero sai che la chiamata del C.T. non è affatto scontata. Per questo, Diamanti torna in Italia e veste la maglia del Brescia: di lì a poco, la Premier League sarebbe diventato il campionato numero uno in Europa.
L'annata 2010/11 con le Rondinelle è un mix di soddisfazioni e delusioni. A novembre arriva la prima chiamata in azzurro successivamente ad un gol incredibile segnato contro la Juventus, con un esterno sinistro da brivido: il sogno si è realizzato. A fine stagione ottiene la seconda retrocessione in carriera, in due campionati di Serie A disputati. Alino non scende di categoria e viene ingaggiato dal Bologna, dove ritrova mister Bisoli che lo aveva avuto da ragazzino al Prato. Il primo biennio in rossoblu lo porta fino all'Europeo del 2012, dove è uno dei punti fermi della Nazionale di Prandelli che arriva fino alla finale. L'avventura al Bologna è la più importante della carriera e termina nel febbraio del 2014, quando Marcello Lippi lo chiama per trasferirsi in Cina al Guangzhou. Lascia i romagnoli da capitano dopo 83 presenze e 19 gol segnati.
Le cose in Asia non vanno per il meglio, si mette immediatamente contro i compagni di squadra e non si integra mai. Inizia una spola di prestiti tra Cina ed Europa, trasferendosi prima per sei mesi alla Fiorentina, l'anno successivo al Watford e all'Atalanta, poi Palermo e Perugia. Come dimostrano i continui trasferimenti, Diamanti non sembra più in grado di incidere e lasciare il segno così come aveva dimostrato di saper fare. A distanza di 9 anni, fa di tutto per tornare al Livorno appena promosso in Serie B. Tornare dove aveva cominciato ad alti livelli, rappresenta per lui la chiusura di un cerchio: aiuta la squadra a salvarsi e a conservare la cadetteria.
Nel 2019 arriva la scelta di vita: si trasferisce in Australia, ripercorrendo le orme di un altro numero 10, Alessandro Del Piero. I colori sono quelli del Western United con il quale vince il premio di miglior giocatore del campionato. Ad oggi, Diamanti vive il calcio senza pressione ancora con gli stessi colori ed è tornato a fare ciò che gli è sempre riuscito meglio, mettersi a disposizione della squadra. Nella sua carriera ha avuto diverse volte la possibilità di vestire maglie importanti come quella dell'Inter ad esempio. Moratti era innamorato di lui perché gli ricordava Recoba, ma Mourinho gli preferì Sneijder costruendo la squadra che poi vinse tutto. Anche la Juventus e il Milan furono spesso sulle sue tracce, ma il modo di vedere il calcio di Diamanti si sposava poco con quelli che erano i dogmi di questi super club. Ripercorrendo la carriera di Alino, abbiamo la netta sensazione che sia stato un talento generazionale, che avrebbe potuto spaccare il mondo del calcio in due e che non lo ha fatto solo per scelta. Ha sempre cercato altro oltre che il successo, una tranquillità personale e familiare che è sempre andata al di sopra di quello che è il “banale” successo, anche per questo Diamanti non è mai stato come gli altri.